martedì 17 gennaio 2012

La musica nelle basiliche (u.27)

Musiche sacre

Sempre all'inizio del '500 gli eccessi della scuola fiamminga nel secolo precedente provocarono una reazione e una nuova tendenza alla semplificazione, come si può vedere nell'opera di Josquin Des Prez e dei suoi contemporanei fiamminghi e, più tardi, nell'opera di Giovanni Pierluigi da Palestrina, che era, in parte, spinta dalle limitazioni imposte alla musica sacra dal Concilio di Trento che scoraggiava l'eccessiva complessità. Le complessità dei canoni quattrocenteschi furono progressivamente abbandonate dai fiamminghi in favore dell'imitazione a due e tre voci (fino ad arrivare a sei voci reali) e con l'inserimento di sezioni in omofonia che sottolineavano i punti salienti della composizione. Palestrina, dal canto suo, produsse composizioni in cui un contrappunto fluido alternava fittamente consonanze e dissonanze con un suggestivo effetto di sospensione. La transizione ad un tactus di due semibrevi per breve era a questo punto quasi definitiva e il tre su uno veniva riservato ad effetti speciali volti a sottolineare momenti di tensione - l'esatto opposto della tecnica prevalente cent'anni prima.
Alla fine del secolo, con il trattato "De Institutioni Harmonicae" del compositore e teorico musicale italiano Gioseffo Zarlino (1589) si definiscono finalmente in modo completo ed esauriente le leggi dell'armonia (e quindi della polifonia). Nasce da qui l'articolazione dei due modi principali della musica moderna: le tonalità maggiore e minore.



Musiche profane


In quasi tutte le culture, anche in tempi molto antichi, la musica e il teatro s'incontrarono frequentemente e si fusero per dar vita a forme diverse di spettacolo. Per assistere alla nascita del teatro musicale moderno è necessario attendere la fine del XVI secolo. È infatti in quest'epoca che a Firenze un gruppo di letterati e musicisti, la cosiddetta Camerata de' Bardi creata dal conte Giovanni Bardi, crea un nuovo stile vocale a mezza via tra il canto e la recitazione: il recitarcantando.
Da queste premesse si sviluppa il melodramma. Il primo importante esempio di questo nuovo genere è l'Euridice di Jacopo Peri (1561-1633), che viene rappresentato il 6 ottobre 1600 a Firenze, in occasione delle nozze di Maria de' Medici con Enrico IV di Francia.
Ma il primo vero protagonista degli esordi dell'opera lirica, che dalla musica del Rinascimento trae le sue origini, è senz'altro Claudio Monteverdi (1567 - 1643): nel suo L'Orfeo, che fu rappresentato per la prima volta il 24 febbraio 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova, si assiste al crescere dell'importanza dell'orchestra e del canto rispetto alle parti recitate e quindi alla netta distinzione fra recitativo e aria. Con l'introduzione dei concertati e dei recitativi ariosi - dove le parti semplicemente recitate sfumano nel canto - la strada per giungere all'opera nel senso moderno del termine sarà, se non spianata, quanto meno tracciata con maggiore definizione. Con Monteverdi il legame tra testo e musica diventa strettissimo, la musica illustra il significato del testo attraverso i cosiddetti madrigalismi.


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