martedì 19 marzo 2013

Canzoni.

Come nasce una canzone

Una canzone può nascere dalla necessità di dare un veste musicale a un testo poetico preesistente, oppure trarre origine da un motivo "che ci frulla nella testa", in giro di accordi, un "riff" trovato sulla chitarra. Altre volte parole e musica nascono insieme.
Comunque sia, le idee vanno poi sviluppate per dar "forma" a una vera canzone e, poichè nella breve durata del brano nulla deve trovarsi fuori

Strofa e ritornello

Il più delle volte una canzone si organizza in 2 parti distinte basate su 2 motivi di diverso carattere musicale ed espressivo. Una di queste, la strofa, serve a l'autore per raccontare la vicenda: la melodia asseconda il testo mantenendo un andamento abbastanza vicino al passato. Nell'altra, il ritornello, il testo assume un carattere lirico, la musica si carica di espressività e il canto si fa più appassionato. Se nella strofa l'autore ricerca la giusta atmosfera, nel ritornello egli svela le sue carte: qui ci deve essere tutto quello che si deve ricordare della canzone, quindi il testo è facilmente moralizzabile e la melodia orecchiabile.




Introduzione e coda

Nella sua forma più semplice e ricorrente la canzone alterna strofa e ritornello, ma non faticherete certo a trovare eccezioni. Spesso, oltre alle 2 patri principali, sono presenti brevi passaggi orchestrali o vocali che assolvono a particolari funzioni strutturali: introdurre, collegare le diverse sezioni, concludere il brano semplicemente, inserire una nota di colore.
A volte si usa far precedere la canzone vera e propria da una breve introduzione. Questa può avere un testo, ad esempio il racconto di un antefatto, o presentare una parte strumentale originale, magari derivata da una frase musicale che l'ascoltatore incontrerà più avanti nel corso dello stesso brano. In ogni caso l'introduzione ha il compito di preparare l'atmosfera della canzone stessa. Per terminare invece una canzone spesso si ricorre all'espediente di ripetere molte volte il ritornello sfumandolo, cioè diminuendo progressivamente parole l'intensità al momento della registrazione. Più di rado viene realizzata appositamente una nuova frase melodica, detta coda, con funzione conclusiva.


martedì 12 marzo 2013

La musica dell'Africa

 La musica africana, nel senso di musica originaria dell'Africa, è estremamente eterogenea, in quanto riflette la varietà etnica, culturale e linguistica del continente. L'espressione "musica africana" viene talvolta usata anche in modo più specifico per riferirsi alla musica dell'africa subsahariana, essendo la tradizione musicale del Nordafrica essenzialmente sovrapponibile a quella mediorientale. Elementi mediorientali si trovano anche nella musica dei popoli della costa est del continente, che risente anche di influenze indiane, persiane e in generale degli effetti degli scambi commerciali e culturali sull'Oceano Indiano. In ogni caso, anche all'interno di queste tre aree principali (Nordafrica, Africa subsahariana, Africa orientale) esiste una grandissima diversificazione degli stili sia della musica etnica tradizionale che della musica moderna. Quest'ultima risente praticamente ovunque (ma soprattutto nei paesi con una forte eredità coloniale) dell'influenza della musica leggera europea e statunitense. D'altra parte, la diaspora africana e il conseguente diffondersi in America ed Europa della tradizione musicale africana ha influito in modo determinante sullo sviluppo della musica leggera occidentale.
Nell'Africa subsahariana la musica e la danza sono quasi sempre elementi centrali e fondamentali della cultura dei popoli, e sono dotati di grande valore sociale e religioso. Ogni etnia ha una propria tradizione musicale così come ha una propria tradizione letteraria e un proprio insieme di regole e credenze; ogni gruppo sociale possiede un repertorio musicale di riferimento e dei sottogeneri appropriati a determinate celebrazioni (per esempio nascita, passaggio all'età adulta, matrimonio, funerale) o anche semplicemente attività quotidiane come il raccolto nei campi e lo smistamento delle riserve alimentari.
Ciò che ritroveremo sempre in ogni variante musicale, a prescindere dallo scopo per cui viene prodotta, è la caratteristica poliritmia, la capacità cioè di sviluppare contemporaneamente diversi ritmi e di mantenerli in modo costante ed uniforme, senza che uno prevarichi su di un altro. Una particolare funzione sociale è rappresentata dalle percussioni e dalle campane che in molte zone vengono utilizzati come strumenti di comunicazione. La musica è, ad esempio, una delle pratiche più note e più impiegate per un griot ( o griotte) proprio perché in molti contesti le relazioni sono spesso basate sull’impatto emozionale. Anche il canto è molto diffuso e riveste una funzione sociale importantissima, durante i funerali, ad esempio, per ripercorrere le tappe dell’esistenza del defunto, dunque mantenerne viva la memoria e per narrare le imprese degli antenati cui spetta il compito di accogliere l’anima della persona mancata. Le epopee mitiche cantate dai griot, oltre a mettere in evidenza il potere costituito, trasmettono gli avvenimenti particolari che fanno parte della storia di una comunità e permettono una trasmissione facilitata proprio dal ritmo della melodia sottostante. Il canto, la musica e la danza diventano da un lato veicoli di tipo simbolico e dall’altro preziosi strumenti della memoria collettiva. La musica tradizionale si trasmette oralmente, dunque non esistono spartiti o forme scritte in cui è possibile rinvenire delle melodie. Tutto viene creato e comunicato direttamente ed è per questo che un aspetto importantissimo è dato dall’improvvisazione.
La complessità ritmica delle musiche africane si è di fatto trasferita a molte espressioni musicali dei paesi dell’America Latina; l’aspetto più affascinante di questa poliritmia è costituito dalla possibilità di distinguere chiaramente i diversi ritmi pur percependoli unitariamente in modo coerente. Per quanto riguarda la voce, è interessante notare che generalmente si utilizzano timbri canori tendenti al rauco e al gutturale. Molte lingue locali, in Africa, sono di tipo tonale ed è per questo che esiste un collegamento molto stretto tra la musica e la lingua. Soprattutto nel canto, è il modello tonale del testo che condiziona la struttura melodica. Conoscendo molto approfonditamente queste lingue, è possibile riconoscere dei testi anche nelle melodie degli strumenti ed è quest’effetto che ha dato fama al cosiddetto “tamburo parlante”.la musica africana è piena di ritmi.





In Africa, la musica tradizionale è caratterizzata proprio dall’utilizzo di particolari strumenti musicali, spesso prodotti con materiali naturali come zucche, corna, pelli, conchiglie anche se attualmente è in uso una vasta tipologia di materiali artificiali, perlopiù in alluminio o in metallo come lattine, stringhe, tappi di bottiglia, bidoni.
Oltre agli strumenti in senso proprio, troviamo una serie di oggetti che pur non essendo classificabili come strumenti, vengono di fatto suonati e definiti da queste stesse popolazioni come "strumenti ritmici", vale a dire: sonagli, pendagli, fischietti, bracciali, conchiglie etc. Fra di essi uno dei più antichi fu l'arco, che oltre alla funzione di arma, nel caso dei Boscimani, grazie alla corda pizzicata o toccata, amplificata da vasi di legno o zucche vuote posti all'estremità, assunse anche il ruolo di strumento.[4]
In etnomusicologia, generalmente si suddividono gli strumenti musicali in quattro grandi categorie:
  • IDIOFONI
Il suono è prodotto dallo strumento stesso senza particolari ausili o supporti
  • MEMBRANOFONI
Il suono è prodotto da una o più membrane che vengono battute con le mani o con bastoni affusolati
  • CORDOFONI
Il suono è prodotto da corde, in cuoio o in nylon, che vengono pizzicate
  • AEROFONI
Il suono è prodotto dal fiato del musicista e canalizzato dallo strumento stesso