sabato 19 gennaio 2013

Trovatore


Il trovatore è un'opera di Giuseppe Verdi rappresentata in prima assoluta il 19 gennaio 1853 al Teatro Apollo di Roma. Assieme a Rigoletto e La traviata fa parte della cosiddetta trilogia popolare.
Il libretto, in quattro parti e otto quadri, fu tratto dal dramma El Trovador di Antonio García Gutiérrez. Fu Verdi stesso ad avere l'idea di ricavare un'opera dal dramma di Gutiérrez, commissionando a Salvadore Cammarano la riduzione librettistica. Il poeta napoletano morì improvvisamente nel 1852, appena terminato il libretto, e Verdi, che desiderava alcune aggiunte e piccole modifiche, si trovò costretto a chiedere l'intervento di un collaboratore del compianto Cammarano, Leone Emanuele Bardare. Questi, che operò su precise direttive dell'operista, mutò il metro della canzone di Azucena (da settenari a doppi quinari) e aggiunse il cantabile di Luna (Il balen del suo sorriso - II.3) e quello di Leonora (D'amor sull'ali rosee - IV.1). Lo stesso Verdi, inoltre, intervenne personalmente sui versi finali dell'opera, abbreviandoli.


Atto I - Il Duello
Scena I - Palazzo dell'Aliaferia in Biscaglia.

Nell'atrio del palazzo, i familiari e gli armigeri del Conte di Luna attendono il rientro del loro giovane signore.
Il conte è innamorato di Leonora, dama della regina, e trascorre buona parte della notte a sorvegliare la casa della giovane, preoccupato ch'ella ceda alla corte del suo temuto rivale: il Trovatore.
Ferrando, capitano delle guardie, racconta la fosca vicenda di una zingara, condannata al rogo per maleficio e di sua figlia Azucena che, per vendicare la madre, rapì uno dei due figli del vecchio Conte di Luna.
Il nobile signore morì sopraffatto dal dolore quando Azucena buttò il figlioletto rapito sullo stesso rogo della madre.
Il racconto è raccapricciante e i presenti imprecano contro la malvagia Azucena, di cui si sono perse le tracce, mentre il fantasma della vecchia zingara infesta ancora il castello, dove appare allo scoccare della mezzanotte terrorizzando la servitù.

Scena II - Giardini del palazzo. 

Leonora, confida all'amica Ines il suo amore per il "trovatore", cavaliere sconosciuto, vincitore di tornei, il quale intona per lei affascinanti canti nel silenzio della notte.
Quando le due donne rientrano, avanza il Conte di Luna, deciso a parlare a Leonora, ma il suono del liuto del Trovatore ed il suo canto lo fermano.
Consumato dalla gelosia, il conte cerca di attirare l'amata in una trappola: si nasconde nel mantello e attende.
Leonora scende in giardino attratta dalla musica, scambia il conte per l'amato, lo abbraccia dichiarandogli il suo amore.
Il Trovatore assiste sbigottito ed accusa Leonora d'infedeltà, ma lei chiarisce l'equivoco e si getta ai suoi piedi confermandogli così il suo affetto.
Furente d'ira, il Conte costringe il rivale a dichiarare la sua identità: egli è Manrico, un seguace del ribelle Conte Urgel.
Il conte, sdegnato, lo sfida a duello e i due si allontanano con le spade sguainate, mentre Leonora sviene; nel duello, il Conte rimarrà ferito ma il rivale gli risparmierà la vita.

Atto II - La Gitana
Scena I - Un accampamento di zingari sulle montagne in Biscaglia.



Manrico è con Azucena, di cui crede di essere figlio, mentre lei gli racconta di come sua madre fu accusata, da un arrogante Conte, di avergli stregato il figlio e di come la povera donna fu incatenata.
Racconta poi che lei aveva seguito piangendo, la madre mentre veniva portata al rogo dicendo le sue ultime parole: "Vendicami".
Manrico le chiede della vendetta e Azucena gli risponde che per vendicarla, come presa da un raptus crudele, rapì il figlio del conte e lo gettò sul rogo mentre bruciava ancora.
Però, quando l'ira e l'allucinazione passò, la zingara si accorse di avere ancora il figlio del conte al suo fianco: il bambino bruciato nel rogo era il suo.
Azucena è sconvolta e Manrico è inorridito dal racconto e si chiede chi sia lui se non è figlio di Azucena? Si chiede anche perchè nel duello con il Conte di Luna non lo ha ucciso.
Azucena gli assicura di essere sua madre e spiega che il ricordo di quell'orribile rogo l'ha indotta a dire parole senza senso e lo esorta a compiere lui la vendetta.
Nel frattempo, un messaggero porta la notizia che Leonora, ritenendolo morto, stia per farsi suora per sfuggire alle insidie del Conte.
Il Trovatore, nonostante l'opposizione di Azucena, decide di andare al Convento per impedire all'amata di entrare in convento.
Scena II - Notte, in un convento vicino alla fortezza di Castellor.
Anche il Conte di Luna, giunge con i suoi fidi al convento per strappare al chiostro Leonora.
Leonora sta per entrare a far parte della comunità religiosa e conforta le sue dame che l'accompagnano e che si mostrano tristi per la sua decisione.
Il Conte le sbarra il passo con la ferma intenzione di rapirla, ma all'improvviso compare Manrico: nasce un acceso scontro, nel corso del quale l'arrivo dei seguaci di Urgel, disarmano il Conte e i suoi facendo in modo che Manrico possa allontanarsi con l'amata.

Atto III - Il Figlio della Zingara

Scena I - Accampamento delle truppe regie vicino alla fortezza di Castellor.
Le truppe regie, al comando del Conte di Luna, sono accampate nei pressi di Castellor, espugnato dagli armigeri di Urgel, ed attendono di sferrare l'attacco per il quale giungono rinforzi.
Ferrando, capitano delle guardie,  annuncia al Conte la cattura di una zingara ritenuta una possibile spia: è Azucena.
Interrogata, la donna dichiara di venire dalla Biscaglia per ritrovare il figlio che l'ha abbandonata, ma Ferrando riconosce in lei la rapitrice del bambino.
Azucena invoca il soccorso di Manrico: il Conte è allora soddisfatto di avere nelle sue mani l'assassina di suo fratello e di sapere che è la madre del suo rivale in amore.

Scena II - Atrio della Cappella di Castellor

Manrico e Leonora stanno andando all'altare per sposarsi e coronare il loro sogno..
Leonora è preoccupata per l'attacco dell'esercito del re, ma il Trovatore la rassicura assicurandole che, una volta suo sposo, combatterà con maggiore coraggio.
Arriva trafelato Ruiz, per comunicare che gli sgherri stanno preparando il rogo per Azucena e Manrico rivela allora a Leonora che la zingara è sua madre e corre in suo soccorso.
Atto IV - Il supplizio

Scena I - Un'ala del palazzo dell'Aliaferia

Manrico è stato catturato, incarcerato nella torre del palazzo dell'Aliaferia e condannato a morte.
Si ode la campana a morto ed il canto del "Miserere" per i condannati; Leonora ai piedi della torre ascolta l'ultimo addio dell'amato, poi, decisa a salvarlo a prezzo della propria vita, si offre al Conte di Luna in cambio della libererà del Trovatore.
Il nobile Conte, sempre innamorato di Leonora, accetta e le concede di portare, lei stessa, la notizia della grazia al prigioniero.
Di nascosto la coraggiosa ragazza ingoia furtivamente del veleno che teneva racchiuso in una gemma.



Scena II - La prigione all'interno della Torre nel Palazzo Reale in Biscaglia.

Nel carcere, Manrico veglia Azucena tormentata dalla sua vicina esecuzione del figlio, quando giunge inaspettata Leonora che gli si getta fra le braccia annunciandogli la grazia ed esortandolo alla fuga.
Egli dapprima esulta felice, poi, capito il duro prezzo del riscatto, aggredisce la donna e rifiutando sdegnosamente la clemenza del rivale.
Ma il veleno fa effetto rapidamente e Leonora muore.
Mentre Manrico si strugge dal dolore e dal rimorso, il Conte di Luna si rende conto del raggiro dell'amata per salvare il Trovatore e ordina agli sgherri di eseguire immediatamente la sentenza di morte di Manrico, obbligando Azucena ad assistere al supplizio dalla finestra della prigione.
Quando la scure ha decapitato l'infelice, la zingara, quasi impazzita, grida al Conte, inorridito:"Egli era tuo fratello! Madre, ora sei vendicata".


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